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Bimba arcobaleno

Bimba arcobaleno


7 dicembre 2014

Bimba arcobaleno

Fasciata dalle carezze del vento, scortata dall’arcobaleno, passeggia solitaria in un viale alberato, una bimba adulta, le foglie, sue compagne, danzano intorno a lei, corteggiando i suoi passi e l’accompagnano al ritmo di una melodia ancestrale, ladra avida di tutti i sensi. Giunge dinanzi a uno specchio d’acqua nera, malgrado un rigetto inconscio l’allontana, il viso si riflette comunque e intimorita fugge da quell’ immagine, stupro dei ricordi rimossi. Intravede nel buio del lago scuro,
gli occhi spauriti della bimba arcobaleno, che arrancano faticosamente per riuscire a sconfiggere i fantasmi del passato, sospesa tra la solitudine e l’incomprensione, indietreggia ingurgitando aria che taglia.
Ma cosa è rimasto di quello sguardo infante?
I pensieri piegano le palpebre, un sonno irrefrenabile la investe, non vuole ricordare più nulla dei tempi che furono, allora, si sdraia su di un letto di foglie crocchianti e guarda il suo mondo attraverso il verde delle fronde, che aprono una finestra su uno dei suoi giacigli segreti: Il suo amato azzurro.
Lì si perde, tra distese antiche, sale a cavallo delle nuvole domate, scarcerata e leggera si libra nell’aria che sa di sandalo e vaniglia, il profumo inebriante la trascina lontana da paure e incubi, il sogno medica le piaghe. Il risveglio la spaventa, perché la butta dentro a quei occhi di cenere , ma è necessario riportare a galla la bimba che è stata, per ritrovarsi e rinascere. La rivede con la testa tra le mani, ma un barlume turchese, spazza via il buio e la ritrova seduta su di un ramo, con fiori di pesco tra i capelli, affascinata dal volo empirico delle rondini, gioca a nascondino con loro, stregata eleva al cielo, il suo canto: un inno all’amore, esse incantate le si siedono accanto, dipingendo il quadro della sua fusione con la natura. La natura da sempre è stata il suo bozzolo di salvezza, ha
raccolto le sue lacrime evaporate, ha conservato nel suono delle onde, il suo grido tempestoso inascoltato, morta e rinata tante volte, grazie alle cure di Madre Natura.
Oggi dentro la feritoia, vive una donna ricoperta da cicatrici del passato, ma proprietaria indiscussa di un’aureola arcobaleno, capace di trasformare l’oscuro in luce. Questo sfavillio atipico, dispiega le sue ali e dopo una vita apparentemente sgombra di nuvole, riconquista la bellezza dell’io ritrovato, inizia la sua avventura di nuova donna. Ancora oggi potete incontrarla, mentre isolata con in mano
una fidata penna e un ingordo diario, passeggia sulla bianca battigia, che assorbe le sue lacrime frenate, posa la sua anima d’acqua sul calice di cristallo, dov’è conservato il seme liquido del suo più grande segreto…sostenitore della corona fiorita intorno alla bocca color amarena. Oppure la potete trovare mescolata tra ciclamini e margherite, la rugiada bagna i suoi baci non dati, il fuoco del sole brucia parole impronunciabili e il profumo di pelle essiccata impregna i suoi irrefrenabili sospiri, pegno del suo romanticismo antico e innato.
Ulula la tempesta, mentre una parte di se continua a dormire, non si può svegliare l’orco divoratore di disperazione, ricamatore dell’ incapacità di sopportare le delusioni, che concerne al suo disperato bisogno d’amore infermo. Una malinconia sorda, regna dentro sé, ma lei, ha il coraggio di salire
sulla torre azzurra, rapita…ode il vento raccontarle la storia di quella bimba arcobaleno diventata adulta, i suoi occhi sanno vedere realtà sconosciute, ma parti integranti del grande puzzle della vita.
Il cielo, come un libro dei sogni, volta pagina, una pioggia rinfrescante la disseta, frenetica ne assorbe le stille celesti, scivolano sul corpo ambrato e le carezze d’acqua districano i ricci ribelli, essi mormorano di passioni aspirate, droga musicale del dono ricevuto. Fiorisce ad ogni battito di ciglia, giunge in vetta, respirando l’alba, anche solo, quando un boccolo indisciplinato sfiora il suo
viso, solleticando reminiscenze radicate, l’amore…sua ombra e suo cavaliere, assassino e tutore dell’essenza vagabonda.
La tenerezza dell’ingenuità conservata, scioglie gli occhi gelidi dei comuni, perché nonostante l’aria di neve abbia cristallizzato la sua vera natura, non può non ascoltare la poesia che c’è dentro l’anima passionale. Piogge acide non sono riuscite a corrodere e a trasformare il fiore in pietra, le radici sono salde, logorate dal tempo, ma mai marcite, le cesoie degli anni non hanno reciso la voglia di continuare il viaggio comunque. Lode al vento benevolo che ha spazzato via le foglie secche dal selciato, intorno sono cresciuti tulipani arancio, con foglie d’oro, artefici del suo colore zampillante che brilla oltre la tenda nera del buio interiore. Questa è la bimba adulta arcobaleno.
Ma dov’è, invece, quella adulta bambina con il viso tra le mani?
Fa male ricordare, uccide e procura dolore, entrare nella verità di quegli occhi scuri e orfani. Si sovrappongono alcune immagini, tutto si ferma, l’aria carnefice mozza il fiato, nel petto un macigno che squarcia il costato, una porta si spalanca, la memoria scava ed entra nella stanza murata, frammenti di un passato boia, le si scagliano addosso, l’ansia la soffoca.
Qui non ci sono fiori e profumi, ma l’odore che si sente è solo quello del sangue nero, si odono solo lamenti muti, l’orrore violenta le orecchie e in groppa al fango vede una adulta bambina correre e profondare. Il merito della furia del dolore è la follia, l’imperatrice di ombre e spettri, ha voluto come suo sposo l’uomo più importante della sua vita: suo padre, con un solo getto di veleno, è stata capace di ridurlo suo schiavo, togliendogli la ragione e armarlo solo di fruste e cinghie, marchiando l’arcobaleno con macchie incancellabili.

In alcuni momenti, la voglia di raggiungere quel mondo sognato, ha incurvato le sue gracili gambe, ha guidato la sua mano innocente, portandola a farsi del male…mentre il sangue scorreva come un fiume liberato, sperava di vedere quella mano bianca afferrare le sue e issarla su , passare attraverso la finestra del suo mondo e ottenere la pace dovuta. Invece…su, un altro angelo non
serviva, allora l’ hanno lasciata in questo sconosciuto pianeta, a sopravvivere al terrore, al dolore, a combattere con la voglia di farla finita, tutto ciò per un piano che era stato già scritto quando per la prima volta alitò in questo destino errante. Dove sono tutti gli altri? Perché nessuno si accorge di nulla, eppure tutta la realtà, è pesta di irregolari e incomprensibili istanti di arrugginita pazzia, ogni parola, oggetto o gesto vengono distorti e lei figlia della follia si ritrova lì, in equilibrio
precario tra la vita e la morte.
Quante volte, si è ritrovata senza poter capire quello che stava accadendo, quante volte, è stata costretta a scegliere per non far soffrire l’uno o l’altro, quante volte, si è scontrata con i sensi di colpa, peccati da lei mai commessi.
Oggi…potete ammirarla, mentre va a spasso nel selciato fiorito, ricoperto dalla fuliggine densa e scura, in dorso, le tue tele ingorde di colore, l’aria che respira è livida, ma l’arcobaleno traccia la sua essenza randagia. Si ritrova lì, sola e mentre gli altri si allontanano, con in mano un teschio solitario, afferra il dono custodito nello scrigno zaffiro: Il dono del saper vivere. Nonostante il
fetore continui ad insinuarsi nel suo destino, continua a coltivare la sua arte, scrivendo, dipingendo, cantando recitando e ballando.
Intanto, gli anni inesauribilmente scorrono sopra la sua anima, ripassa davanti al lago d’acqua scura, si specchia e si vede, sorridente, felice, forte e colorata d’azzurro, ad urlare al vento, che una bimba adulta arcobaleno, nonostante abbia conosciuto l’orrore, sceglie sempre per sempre la vita e l’amore.

Angelica Piras




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